“Piazza
Martiri del Cancro” è un tabellone, un comunissimo pannello rettangolare su cui
il parroco della Chiesa Madre di Augusta (SR) tiene aggiornato un elenco
speciale. Si tratta di una lista che conta, sino allo scorso 28 febbraio, 859
nomi di persone di cui sono specificate l’età, la professione e la tipologia di
tumore che li ha uccisi. Non si tratta di una copia di un possibile registro
tumori di Augusta, ma di una raccolta di decessi per tumore che, grazie anche
alla segnalazione dei parenti, l’arciprete della Chiesa matrice aggiorna
pazientemente. Accanto ai fogli A4 di questo speciale registro vi è un grafico
a torta che rappresenta le patologie di incidenza tumorale la cui fetta più
grossa è quella del polmone, seguita da fegato, colon e seno.
Da quattro anni, per i “Martiri del Cancro”
di Augusta il sacerdote celebra, il 28 di ogni mese, una messa in cui vengono ricordati,
ad uno ad uno, tutti i nomi. Ideatore e compilatore della dolorosa lista è
Padre Palmiro Prisutto, originario della stessa cittadina megarese e persona
assai nota anche a livello nazionale. Padre Palmiro da oltre trent’anni,
infatti, si batte in difesa dell’ambiente, del territorio e, quindi, della
salute pubblica; “sacerdote ambientalista”, “parroco paladino dell’ambiente” sono
solo alcuni degli innumerevoli appellativi rivoltigli dalla stampa locale e
nazionale. Per la sua opera ecologista e di salvaguardia della salute pubblica nel
2015 ha ricevuto il Premio Nenni.
Va detto che la città di Augusta, assieme a
Priolo e Melilli, ricade in un’area tristemente nota come il
“Triangolo della morte”. Stiamo parlando di una zona in cui insiste una elevata
concentrazione di impianti petrolchimici e, allo stesso tempo, caratterizzata
da uno smisurato numero di decessi per tumore.
A Padre Palmiro abbiamo posto
cinque domande riguardanti la coraggiosa
e preziosa opera in difesa dell’ambiente e della salute pubblica che il
sacerdote conduce nel territorio in cui vive.
Qual è lo stato di salute del territorio
tristemente noto come “il Triangolo della morte”?
Intanto
non parliamo più di “Triangolo della morte”, in quanto Siracusa ha chiesto di
far parte di questa area, per cui parlerei piuttosto di “Quadrilatero della
morte”; quelli che erano i problemi che sembravano toccare solo Augusta, Priolo
e Melilli, sono improvvisamente
diventati anche i problemi del territorio della città di Siracusa che si è
unita anche nella protesta.
Lo
stato di salute del territorio è abbastanza grave e la gravità non è solo
contrassegnata dai casi di cancro ma vi sono tante altre patologie correlabili
molto probabilmente all’inquinamento, ma di cui si parla poco. Sono giunto a
capo di questa situazione quando sono diventato parroco di Augusta, dopo aver
trascorso 21 anni di vita a Brucoli. Già dai primi funerali che officiavo mi
sono accorto che c’erano troppi casi di cancro, parlando poi con la gente la
situazione mi è stata più chiara. Ad Augusta non esiste una sola casa dove non
ci sia un malato o un morto di cancro; a questi dovremmo aggiungere tutti i
malati di mente, i casi di autismo, e altre malattie la cui correlazione con
l’inquinamento, seppur ufficialmente non riconosciuta, non è totalmente
esclusa. Vi sono poi diversi casi di nascite con malformazioni congenite e
costoro sono quelli che hanno avuto la fortuna o la sfortuna di nascere, se si
considerano i tantissimi casi di aborto spontaneo che si registrano nell’area;
c’è stato un periodo in cui i casi di aborto superavano quello delle nascite.
L’insieme di tutti questi fattori negativi per la salute indicano che chi vive
in questa zona è soggetto a molti rischi.
Se poi
vogliamo vedere lo stato di salute dell’ambiente fisico - oltre alle grandi
discariche, gli sversamenti, gli idrocarburi - un problema apparentemente poco
visibile è rappresentato dai sedimenti sui fondali marini. È stato calcolato,
dal Ministero dell’Ambiente, che dentro la rada di Augusta ci sono 18 milioni
di metri cubi di fanghi tossici, vale a dire, quasi 3 metri cubi per ogni
abitante della Sicilia. Ma dal momento in cui il porto è stato dragato più
volte e i fanghi spostati al di là della diga foranea, si può ipotizzare che nell’intera
area la quantità di metalli pesanti e fanghi tossici potrebbe essere almeno 3-4
volte superiore a quella presente nel porto. Questa forma di inquinamento,
attraverso il consumo del pesce ivi presente, comporta ulteriori rischi per la
salute delle persone.
Oltre
all’inquinamento che ha danneggiato le risorse che il territorio e il mare
offrivano e, quindi, ha eliminato o ridotto diverse attività produttive,
l’arrivo dell’industria pesante sul territorio ha segnato la fine di diversi
mestieri. Un tempo c’era la produzione del sale che attualmente è completamente
scomparsa e la stessa pesca è stata notevolmente ridotta, ad Augusta era
dislocata una delle più grandi flotte di pescherecci della Sicilia. Con
l’arrivo delle raffinerie la gente trovava più conveniente lavorare negli
impianti di raffinazione perché garantivano uno stipendio sicuro, garanzia che
il mare non offriva.
Diverse testate giornalistiche (Siracusa
oggi, siracusa news, giornale siracusa…), riguardo la sua battaglia in difesa
del diritto alla salute e di un ambiente pulito, l’hanno definita “prete di
frontiera”. La frontiera segna il limite su due territori, lei sul limite di
quali mondi si trova?
Credo che l’unica frontiera sia quella posta tra
il Bene e il Male. Io ho fatto una scelta di vita particolare, faccio il prete
e, quindi, devo andare alla ricerca della verità, devo lottare contro il male e
l’ingiustizia; a mio avviso, quello che succede qui ad Augusta è una delle
tante ingiustizie che esistono al mondo. Se poi dobbiamo parlare di frontiera,
quale limite fisico di un territorio, va detto che nella stessa provincia di
Siracusa è presente un confine; da una parte la zona sud ed ovest di Siracusa riconosciuta
Patrimonio dell’Umanità, mentre la zona nord - dove ricadono Augusta, Priolo e
Melilli – invece l’ho definita la “Pattumiera dell’Umanità”; poiché mentre una
parte riceve le risorse economiche destinate al turismo e all’agricoltura,
l’altra -la zona nord- viene sacrificata
agli interessi dell’economia del petrolchimico e dell’industria pesante
legata ad esso. Su questo confine ho dovuto fare una scelta in base alla mia
coscienza, quando vedo la gente ammalarsi e morire non posso rimanere inerte e
dire “va bè, tanto cosa ci possiamo fare!”, pertanto mi sono schierato. Facendo
una scelta di campo su un terreno delicato e, per certi versi, pericoloso ha
attirato l’attenzione dei media locali e nazionali con il risultato che,
essendo una delle poche voci che si leva contro questo disastro, è facile
essere presentato come “prete di frontiera” per il fatto che si ha il coraggio
di dire le cose come stanno. È chiaro che ogni considerazione sulla questione
inquinamento deve essere avvalorata da una robusta documentazione poiché
sappiamo pure chi sta dall’altra parte. Oltretutto va tenuto presente che
l’informazione non è pilotata dal basso ma da coloro che hanno i soldi; quindi
dall’altra parte ci sono gli interessi degli industriali per i quali acquistare
una pagina pubblicitaria di un quotidiano si tratta di quisquilie, mentre per
la gente comune o per un padre di famiglia parlare liberamente sulla questione
inquinamento significherebbe togliere il pane di bocca ai propri figli per
andarsi a difendere in un’aula di tribunale contro questi colossi. Ma se la
questione viene posta sul piano dell’etica, dei principi morali e di quelli
sanciti dalla Costituzione si può essere inattaccabili. Comunque il Male è male
e si deve trattare da male.
…… V comandamento, non uccidere..
Infatti quando mi contestavano, anche in certi
ambienti cattolici, il fatto che io mi interessavo di queste problematiche ho
detto loro “se a scuola e in parrocchia parlo di problemi quali la droga,
l’alcool, la violenza ricevo apprezzamenti e considerazione, se invece parlo di
inquinamento c’è una levata di scudi. Ma l’inquinamento non è una causa di
morte come lo sono la droga, l’alcool la violenza? Quindi prendere posizione
contro l’inquinamento è uno schierarsi dalla parte della vita”.
Nell’opera “Vita di Galilei” di Brecht c’è
scritto: “sventurata la terra che ha bisogno di eroi”; può questa affermazione
essere declinata nella sua esperienza in difesa del creato e, quindi, della
vita?
Solitamente
gli eroi sono quelli che vengono uccisi, ed io non ritengo di correre questo
rischio, anche se chi sente toccare i propri interessi dalle mie azioni vede in
me un avversario. Mi sento un cittadino consapevole di vivere in una delle aree
a rischio più critiche d’Italia. Augusta non è una normale città come tante
altre; Augusta di rischi ne ha tanti che oltretutto possono interagire fra
loro. Mi spiego meglio. Questa è una zona fortemente sismica, dove ci sono
stati terremoti devastanti, come quello del 1693 che ebbe l’epicentro proprio nella
città di Augusta e che distrusse un terzo della Sicilia. Allora non c’era
l’area industriale e comunque esplose la polveriera del castello che aggiunse
altri vittime a quelli provocate dal terremoto e dal conseguente maremoto. Pertanto
esiste un rischio sismico. A questo va aggiunto che Augusta è sede di una base della Marina Militare, per
cui –in caso di conflitto- diverrebbe un bersaglio certo. Tra l’altro, oltre
alla base della Marina italiana, ad Augusta vi è anche una base NATO che ne aumenta
il rischio in caso di conflitto. Poi c’è il polo petrolchimico. Provate a
immaginare cosa può significare un
terremoto in questa zona dove al disastro naturale si aggiungerebbe il disastro
provocato dagli impianti di raffinazione. Questo rischio l’abbiamo corso nel
1990 quando c’è stato un terremoto che fece molti danni e su cui si fece cadere
troppo presto il silenzio e che in Italia non se n’è voluto parlare.
Qui non
si tratta di essere eroi, ma si tratta di avere gli occhi aperti. Proviamo ad
immaginare un effetto domino per un incidente nell’area industriale, oppure un
terremoto con conseguente maremoto in quest’area dove sono presenti anche navi
petroliere e gasiere. Ci sarebbe una catastrofe.
Oggi,
comunque la morte fisica dell’eroe non è più praticata, piuttosto ti isolano,
ti screditano, ti calunniano in modo tale da farti perdere la credibilità; e
quando questa è perduta aspettano che venga commesso un errore in modo da
permettergli di aggredirti. A livello personale posso dire che sono quasi 35
anni che mi occupo di questi problemi, conosco molto bene il territorio e le
sue problematiche. Per questo ritengo difficile che qualcuno possa attaccarmi.
Anzi per certi aspetti potrei fare il profeta, vi posso dire come andrà a
finire tutta questa storia. Il polo industriale sicuramente andrà verso la
dismissione, non in modo immediato e tutto d’un colpo, ma gli impianti verranno
progressivamente fermati e, sicuramente non smantellati perché per fare la
conseguente bonifica ci sarebbero costi notevoli. La produzione sarà ridotta e
nel frattempo i colossi di questo genere di industria si trasferiranno in altre
parti del mondo, per fare gli stessi errori che hanno fatto con noi negli anni
’50; quando, approfittando della fame, misero un ferrovecchio preso
dall’America che diventò la più grande e moderna raffineria d’Europa. Oggi ci
sono i russi, gli algerini, i sudafricani ad essere i proprietari della nostra
area industriale; noi abbiamo offerto il nostro territorio mentre i profitti
vanno altrove. A noi restano i danni e qualche briciola di finto benessere.
Nella Lettera Enciclica “Laudato Si”, Papa
Francesco ammette che la «spiritualità ecologica» richiede una «capacità di
reagire che Dio continua ad incoraggiare dal profondo dei nostri cuori». Trova
che questo slancio spirituale, a causa della lentezza e – spesso -
dell’inazione delle istituzioni, venga deviato nell’oscurità dell’indifferenza?
Credo
che una certa sensibilità ambientale dovrebbero manifestarla principalmente coloro
che vivono in situazioni ambientali gravi, poiché se vivessi –per esempio-
sulle Dolomiti qualsiasi discorso sull’ambientale rimarrebbe teorico. Ma se
vivo ad Augusta e si parla di inquinamento e dei danni provocati all’ambiente
so per certo di cosa stiamo parlando.
Possiamo dire che la “spiritualità ecologica” è legata al territorio e alla
sensibilità personale. D'altronde non tutti sono pronti a mettersi in gioco
nell’attuazione dei principi posti nei documenti del Papa. Io credo che nella
provincia di Siracusa la Lettera Enciclica avrebbe dovuto suscitare un vivo e
diffuso interesse, invece è passata quasi nell’indifferenza generale, mentre
noto che creano molta più attenzione altri testi papali come Amoris Laetitia che affronta questioni
inerenti il matrimonio. Ma se non si riesce a garantire la vita, come si può
avvalorare il matrimonio?
Il problema
dell’apparente indifferenza da parte della gente è un tasto molto delicato. Io
non parlerei di indifferenza. Qui esiste il ricatto occupazionale, pertanto
questa indifferenza è frutto della paura, appena si tocca l’argomento
inquinamento viene subito presentato lo spettro del ricatto occupazionale e, su
questo territorio, alternativa al lavoro nel polo industriale non ce n’è.
Questa è stata – a mio avviso – la loro diabolica astuzia, vale a dire non
creare alternative a questo genere di lavoro. Per cui se hai solo questa
possibilità lavorativa, o la accetti o vai via. Attualmente, infatti, il timore
di chi vive in questa zona è proprio la chiusura del polo petrolchimico che
provocherebbe un collasso economico. È questo il risultato di scelte politiche
fatte in maniera molto precisa.
Il
Cardinale Gianfranco Ravasi nel “Breviario” sottolinea che l’immaginare sia una
attività importante dell’uomo, tanto da metterla in relazione con il creare (“immaginare è creare”). Lei
immagina un'altra Augusta?
In
certe equazioni ci sono due soluzioni: una positiva e una negativa. Io dico che
possiamo immaginare il futuro di Augusta in due maniere, una positiva nel senso
che se le istituzioni faranno il loro dovere con le dovute bonifiche e con la
ricerca di un’alternativa sostenibile, allora Augusta potrebbe avere un futuro
come altri luoghi della zona. Altrimenti c’è
il rischio che Augusta e il polo industriale diventi una grande Megara
Hyblaea, e cioè un sito archeologico che i nostri posteri verranno a visitare
come rovine di un’epoca e una civiltà passata. Il caso di Marina di Melilli è
uno dei casi più eclatanti, dove è stata cambiata la geografia di un territorio
sacrificando un intero centro abitato alla nascita di un’industria quando già
l’intero ambiente era saturo.
Nonostante
le varie leggi nate dalla Direttiva Seveso hanno stabilito che un polo
industriale non può stare accanto ad un centro abitato, qui (a Marina di
Melilli) non si è tenuto conto di questo principio. Anzi l’area industriale è
cresciuta oltre misura sacrificando un intero territorio, creando gravissimi
problemi ad un’intera collettività. In conclusione, nel nostro caso, se
dovessimo fare un raffronto tra cosa ci ha guadagnato il territorio e quello che
ci ha guadagnato l’industria possiamo dire che è stato tutto a vantaggio
dell’industria per il profitto che questa ne ha tratto.
Sul tabellone “Piazza dei Martiri del Cancro”,
accanto alla lettera con cui si invita il Presidente della Repubblica, Sergio
Mattarella, a visitare Augusta, c’è scritto:
COME LE
VITTIME DELLE FOSSE ARDEATINE, DI MARZABOTTO E DELLA GUERRA;
COME LE
VITTIME DELLE FOIBE;
COME LE
VITTIME DI MARCINELLE;
COME LE
VITTIME DEGLI INCIDENTI SUL LAVORO;
ANCHE
NOI
ATTENDIAMO
GIUSTIZIA
E UN
DOVEROSO RICONOSCIMENTO
DA
PARTE DELLO STATO ITALIANO.
Intanto
in numero dei morti di cancro censiti ha raggiunto quota mille